Amare è un’Arte che Dovrei Imparare

EPISODIO 1 DEL MIO PODCAST AMORE LIBERO

— Se preferisci, puoi ascoltare il mio podcast qui. Altrimenti, buona lettura!

Erich Fromm, ti dice qualcosa? Se non ti dice niente, te lo dico io. Psicologo e psicanalista famoso a livello internazionale. Insomma, non il primo sprovveduto raccolto al parchetto! Classe 1900, oggi lo riesumiamo. Sì, non in senso letterale, anche se avevo una mezza idea… Riproponiamo alcune delle frasi che ha scritto nel suo celeberrimo libro l’Arte di Amare, anno 1957, in cui si chiede: “È l’amore un’arte? Se sì, allora richiede sforzo e saggezza. Oppure l’amore è una piacevole sensazione dovuta al caso, qualcosa in cui ci si imbatte se si è fortunati?”. E poi continua: “Io contemplo la prima ipotesi (cioè quella dell’arte, N.d.A.), mentre è fuor di dubbio che oggi si creda alla seconda”. E infine conclude: “Nessuno crede ci sia qualcosa da imparare davvero in materia d’amore”.

Mi chiamo Nicolas Barilari, benvenuta o benvenuto ad Amore Libero, il podcast che esplora le dinamiche relazionali romantiche e dipinge l’amore che siamo capaci di dare agli altri come riflesso di quello che siamo capaci di dare a noi stessi. Se lo vuoi puoi contattarmi su Instagram, mi trovi al nome nicorelazioni oppure tramite indirizzo e-mail info@viaggioversome.com Dunque accomodati, e partiamo.

Ecco, senza fare tanto il maestro di ‘sta cippa, iniziamo questo primo episodio rispondendo alla domanda retorica di Erich Fromm di poco fa: sì, pensiamo di sapere come amare, ma l’amore va imparato. Vivendo, amando, sbagliando. Sapere come amare non è scritto nei nostri geni. E tutto ciò magari lo sappiamo a livello razionale, però poi non lo mettiamo a volte in pratica. Non mettiamo in pratica il fatto che stiamo imparando mentre amiamo, mentre viviamo. Gli errori sono parte essenziale del compimento da amare.

E qui mi viene in mente una storia citata nel film “Il Sapore della Ciliegia”: un uomo va dal dottore e dice: “Mi tocco la testa e mi fa male, mi tocco la gamba e mi fa male, mi tocco la pancia e mi fa male, la mano e mi fa male”. E il dottore replica: “Lei è perfettamente sano, ha solo il dito rotto. Ecco perché quando lo usa per toccarsi sente sempre dolore”. Mi sembra una perfetta metafora di come noi spesso viviamo l’amore. Tendiamo a etichettare un amore appena vissuto come sbagliato: un amore tossico, un amore che ci ha fatti soffrire. Spesso invece siamo noi che abbiamo il dito rotto, che tocchiamo quegli amori sentendo dolore, non perché loro siano tanto malvagi, tanto sbagliati, ma perché il nostro filtro percettivo, il nostro dito, è rotto. È il nostro modo di guardare gli eventi che causa in loro una tossicità che sembra colpirci e farci male. Abbiamo il potere di curare quel dito, quindi abbiamo il potere di vedere ciò che ci capita, e vedere anche ciò che non vogliamo che capiti, e riuscire a cogliere il tutto come un modo per arricchire il nostro bagaglio di conoscenze, il nostro modo di interpretare la volta successiva che vivremo una situazione simile. E quindi non diventano più situazioni davvero doloranti di per sé, quanto situazioni magari spiacevoli ma delle quali essere addirittura grati per il modo in cui noi siamo riusciti a viverle e a dar loro un significato successivo di crescita. Quindi, ecco, diventa un amare attraverso gli errori saputi cogliere.

E qui mi vengono in mente le parole di Carl Jung quando diceva: “Non si raggiunge l’illuminazione fantasticando sulla luce, ma prendendo coscienza delle tenebre”. Bellissima metafora che dà l’idea di quanto per arrivare alla luce, per conoscere la luce, non abbiamo bisogno di vedere altra luce, ma di scendere nelle tenebre. Di avere il coraggio di vivere in quelle tenebre, di avere il coraggio di non reprimere e di non fuggire da quelle tenebre, con la consapevolezza che esse sono essenziali e propedeutiche per riuscire a comprendere cos’è per noi la luce. Quindi, volendo ricapitolare questo breve percorso che abbiamo fatto finora, l’amore diventa qualcosa che va imparato, va consapevolizzato, va saputo gestire, e bisogna darsi tempo, senza invalidarsi, senza incolparsi di non essere all’altezza. C’è bisogno di tempo per imparare, e viene fatto perlopiù in età adulta. Tuttavia, non arriviamo ad affacciarci all’età adulta in maniera del tutto sprovveduta. Abbiamo comunque un bagaglio di base che ci proviene essenzialmente da tre fonti. La prima delle quali è lo stile di attaccamento che ognuno di noi sviluppa in età infantile con i primi caregivers (spesso i genitori), con le prime persone che si prendono cura di noi. La seconda fonte sono i media e la società, con questo intendo i film, i libri, per chi è molto giovane i social, Internet e la società in generale che ci mostra un’idea di come l’amore debba essere. E la terza fonte sono le relazioni adolescenziali, le prime relazioni d’amore, i germogli immaturi che sperimentiamo prima dell’età adulta. Queste tre fonti concorrono a farci da base con la quale ci affacciamo all’età adulta e iniziamo il nostro percorso di crescita nell’arte di amare.

E qui allora si sposa bene un concetto che mi sta molto a cuore, un concetto che è fondamentale per me, che mi sta cambiando completamente il modo di vivere le relazioni d’amore: il concetto di demone interiore, un po’ visto alla dáimōn della filosofia greca antica, cioè quell’entità che dimora in noi e che fa da ponte tra l’umano e il divino. Insomma, quella parte che ognuno di noi ha dentro, magari celata, magari nascosta, che ha a che fare col nostro intuito, con la nostra coscienza più intima, quasi ancestrale, che sa sempre dove portarci. La chiave qui sta nel riconoscere questa voce primordiale che abbiamo tutti dentro e riuscire a identificarla in mezzo a tutto quel marasma e quella confusione di pensieri che ci inondano ogni giorno; e darle fiducia. Lei sa sempre dove portarci. E capiamoci: non parlo di qualcosa di completamente astratto, metafisico. Io comunque vengo da una base razionale, scientifica, da un passato in cui mi sono laureato come ingegnere informatico. Poi sì, ho cambiato vita, ho cercato di avvicinarmi di più al mondo spirituale, di smussare alcuni miei angoli, ma non sono ancora diventato Buddha. Perciò sarò più concreto: immagino ti sarà capitato, come è capitato anche a me in alcune circostanze, di sentire quella parte interna di te, intuitiva, alla quale forse non sai dare un nome, che ti spinge verso una situazione oppure ti respinge, ti dice di fidarti di quella persona che hai appena conosciuto oppure ti dice di scappare a gambe levate senza una particolare motivazione razionale. Oppure ti dice di lanciarti e metterti in gioco verso quelle esperienze che non hai mai provato, oppure di allontanartene; di allontanarti da una relazione instaurata da tempo e provare altro oppure di avvicinartici. Ecco, è questa voce che io chiamo demone interiore, e spesso purtroppo la oscuriamo, la celiamo sotto strati dei quali il primo è quello dell’overthinking, dei pensieri auto-sabotanti. Il secondo è quello del giudizio e della critica verso se stessi, ma anche quello che pensiamo che gli altri possano in qualche modo pensare di noi. E tanti altri strati che poniamo tra noi e questa voce interiore che sa dove portarci. E in quello che sto per dire adesso si gioca tutta la comprensione del reale ruolo del demone interiore che voglio portare in questo primo episodio del podcast, e sarei molto curioso di sapere se ciò risuona anche in te: il demone interiore non ci porta sempre dalle situazioni felici. Anche volendolo ascoltare, non ci porta sempre nelle situazioni migliori possibili dal punto di vista dell’appagamento e della felicità istantanea. No, ci porta verso le situazioni che abbiamo bisogno di vivere, quelle situazioni che abbiamo bisogno di imparare. Se sentiamo un’attrazione particolare verso determinate situazioni e non sappiamo spiegarci il perché e consciamente ci autolimitiamo, ci critichiamo, ci sentiamo ingiusti e sbagliati per questo, ecco, quella vocina interiore irrazionale ha bisogno di essere espressa, e finché non la esprimeremo, finché non faremo quelle determinate esperienze che sentiamo dentro di essere portati a fare, rimarremo con una tristezza di sottofondo, un senso parziale di irrealizzazione. E quindi questa voce va accolta perché sa quali sono le esperienze che ci possono far crescere. Esperienze che possono anche rivelarsi molto dolorose. Esperienze che possono anche rivelarsi, per il modo comune di vedere le cose, insane, tossiche, disfunzionali. Ma noi abbiamo bisogno di viverle, abbiamo bisogno di vivere quelle situazioni (e ognuno situazioni diverse in base al proprio bagaglio da cui parte, alla propria consapevolezza personale) per riuscire a diventare delle persone che hanno fatto tesoro di quelle esperienze, senza le quali non saprebbero ora gestire relazioni nuove, relazioni mature. Quindi per me il demone interiore è questo, è importantissimo e ne parlerò anche in altri episodi: quella parte nostra interna che spesso dimentichiamo e che ci sa dire in quale direzione abbiamo bisogno di crescere. E quindi questo porta ad aver rispetto anche per il demone interiore dell’altra persona, del partner o della partner, sapere che se questa persona decide di intraprendere una strada diversa dalla relazione con noi, questa è assolutamente una grande opportunità che ha per esprimere e per conoscere se stessa, se stesso. Nessuno dovrebbe vietarglielo, fa parte della sua crescita, e se vogliamo davvero bene a questa persona dobbiamo saperla lasciare andare, fare in modo che lei segua il suo demone interiore, che faccia quelle esperienze; che poi con un secondo sguardo possano essere sbagliate o corrette non ha importanza, ma che faccia quelle esperienze che ha bisogno di vivere.

E poi verte sempre tutto lì, ci rendiamo conto che ogni esperienza può aprirci porte che non avremmo mai immaginato potessero esistere. In questo mi riallaccio a una bellissima frase dell’ex astronauta dell’Apollo 8 William Anders, quando nel 1968, orbitando intorno alla Luna, vide per la prima volta l’alba, ma l’alba della Terra. Vide cioè il suolo lunare, e in lontananza, in prospettiva, la Terra che sorgeva dall’orizzonte lunare. Dopo quell’episodio disse: “Siamo venuti fin quassù per scoprire la Luna, e invece abbiamo scoperto la Terra”. Questa mi sembra una stupenda metafora che ci ricorda che spesso iniziamo delle esperienze con l’idea di arrivare a degli obiettivi prefissati e invece non ci arriviamo. Ci stupiamo nello scoprire porte, nello scoprire nuove esperienze, nuovi traguardi che probabilmente non avremmo mai sperimentato se non ci fossimo messi in gioco. Per cui seguendo il nostro demone interiore, come dicevamo, è bene darci l’opportunità di mescolarci nel tessuto della vita, di capire quali strade fanno per noi, quali nuove strade che non stiamo prendendo in considerazione possono rivelarsi ed emergere dalla vita.

E quindi passo passo ci volgiamo verso la conclusione del primo episodio di questo podcast, un esperimento anche per me… Lo so che la pasta scuoce, ma ti voglio lasciare con due ultimi punti importanti che mi affascinano tanto, sperando che anche in te possano in qualche modo risuonare. Il primo è che facendo queste esperienze, imparando l’arte di amare, arriviamo poi piano piano a capire che l’amore maturo non è tanto “trovare”, trovare la persona giusta, cercare la persona giusta; quanto essere. Amare prima di tutto se stessi, accettando le proprie imperfezioni così da poter amare poi anche gli altri. Ma di questo ne parleremo nei prossimi episodi. Quindi se cerchi la persona che può cambiarti la vita, guardati allo specchio e la vedrai. Il secondo e ultimo punto me l’ha invece insegnato un bambino di 7 anni, nome Kevin, me lo ricordo benissimo. Durante uno dei miei viaggi per il Sud-Est asiatico, ho lavorato in una scuola come volontario, insegnante di inglese per bambini e ragazzi, e ricordo questo bambino con gli occhi vispi, vivaci, con il sorriso, con la voglia di conoscere, davvero sveglio, davvero in gamba. Ricordo che alla conclusione della lezione l’ho accompagnato verso l’uscita della scuola e lui, girandosi verso di me con un fare e con un’educazione che ce la scordiamo anni luce in Occidente, sventolando la manina e col suo sorriso mi ha detto “Goodbye teacher!”. E io quasi mi sono girato cercando di capire chi stesse salutando, per poi un attimo dopo capire subito che si riferiva a me. Ecco, in quel momento mi sono chiesto se fossi davvero io l’insegnante dei due. Ho percepito come la sensazione di avere imparato più io durante quell’incontro e soprattutto durante quel saluto, rispetto a quanto lui possa avere imparato durante due ore di lezione con me. E questa è un’importantissima e preziosa esperienza che mi porto dentro. È un insegnamento del fatto che noi siamo sempre studenti e maestri con chiunque, possiamo sempre imparare dalle persone che abbiamo davanti e allo stesso tempo loro possono imparare da noi.

Ed eccoci alla conclusione del primo episodio del mio podcast Amore Libero. Ti ricordo che nei prossimi episodi snoccioleremo molte delle tematiche correlate all’amore, quali la gestione delle emozioni, il dolore, l’attaccamento, la comunicazione efficace e l’ascolto attivo, la gestione del rifiuto, il lasciar andare, il mondo delle app di dating, il karma, la meditazione, e tanto, tanto altro. Quindi se vuoi lasciami un feedback e ci sentiamo fra un paio di settimane con il prossimo episodio.
Ti auguro tanta serenità.
Grazie.

Grazie per aver dedicato del tempo alla lettura del mio articolo. Se desideri entrare in contatto con me mi trovi su Instagram come nicorelazioni (account Relationship coach) o nicolasbarilari (account personale), oppure puoi scrivermi una e-mail all’indirizzo info@viaggioversome.com

Se vuoi ascoltare il mio podcast Amore Libero lo trovi qui

Ti auguro serenità e chiarezza interiore. A presto!

Nicolas Barilari

Io in primo piano, mentre mi trovo nel giardino cinese di Vancouver, in Canada.